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PIACENZA – FIDENZA
Il preappennino Piacentino
Seconda tappa della Via Francigena interamente in territorio Emiliano, poco meno di 60 km per coprire la distanza da Piacenza a Fidenza immersi nel Preappenino Emiliano. E’ l’ultima di una lunga serie di tappe prive di dislivello. Si cominciano a scorgere in lontananza gli Appennini e la Pianura Padana volge lentamente al termine. Usciti da Piacenza ci avvicineremo alle montagne seguendo strade secondarie e piste agricole, attraversando importanti cittadine come Fiorenzuola d’Arda e terminando la fatica a Fidenza.
L’uscita dalla città di Piacenza avviene su comode piste ciclabili e strade secondarie fino a giungere nella zona industriale di Montale – km 6. All’altezza della frazione de I Vaccari si tralascia la segnaletica della Via francigena per inserirsi sulla SP6/Strada Farnesina che seguiremo fino al paese di San Giorgio Piacentino – km 15. Qui torneremo a seguire la segnaletica ufficiale fra ampie zone agricole punteggiate da cascine sparse qua e là.
Proseguiremo seguendo fedelmente la segnaletica della Francigena, facendo attenzione ai numerosi bivi, fino all’ingresso in Fiorenzuola d’Arda – km 34. Lungo il percorso incontreremo numerosi edifici di notevole rilevanza storica come l’Abbazia di Chiaravalle della Colomba– 40 km, fondata nel 1136 dallo stesso San Bernardo di Chiaravalle. Seguendo sempre la ben visibile segnaletica VF, proseguiremo su strade con pochissimo traffico districandosi in una serie di bivi e incroci. Oltrepasseremo il borgo di Castione Marchesi – km 48 – prima di affrontare gli ultimi km, leggermente più trafficati, che ci porteranno a incontrare le prime case di Fidenza. Passeremo in rapida successione: il torrente Stirone, la Via Emilia e la ferrovia nei pressi della stazione e ci troveremo all’ingresso della parte vecchia della città.
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VIA FRANCIGENA DA PAVIA – LA SPEZIA
5G / 4N
La via Francigena in bici – tappa 7: Piacenza > Fidenza: consigli sull’itinerario e altimetria
Il tracciato ha un andamento sostanzialmente pianeggiante e segue prevalentemente strade poco trafficate e piste agricole dove l’unica insidia può essere rappresentata dal transito di mezzi. La percorrenza nei mesi caldi, data la quasi totale assenza di copertura boschiva, può risultare impegnativa pur essendo, i centri abitati, abbastanza vicini e quindi l’approvvigionamento idrico e alimentare è abbastanza agevole.
La problematica maggiore è legata alla presenza di numerosi incroci e bivi; generalmente la segnaletica della Via Francigena è piuttosto curata ma bisogna prestare maggiore attenzione in quei tratti in cui la strada da percorrere non ne ricalca fedelmente il tracciato.
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Da vedere lungo il percorso
Abbazia Chiaravalle della Colomba: è del 1136 il primo documento che attesta l’esistenza dell’Abbazia. Il nome si fa risalire ad una leggenda secondo la quale, nel corso dell’opera di edificazione, i monaci videro svolazzare sopra di loro una colomba che raccoglieva pagliuzze e le portava in un luogo alcune centinaia di metri più a nord delimitando il perimetro della chiesa che si sarebbe dovuta costruire. Una più credibile versione, invece, fa risalire il nome alla discesa dello Spirto Santo nel grembo di Maria durante l’Annunciazione. L’opera dei monaci consisteva soprattutto nella bonifica e coltivazione del territorio e l’allevamento di bestiame. Ciò la rese vulnerabile, fin dal 1214, a una serie di saccheggi, eccidi e distruzioni. Pur venendo concessa in commenda conobbe una fase di progressiva ripresa a partire dal XV sec. fino al 1810 anno in cui l’ordine monastico fu soppresso e i beni confiscati. Iniziò così un lungo periodo di abbandono e degrado fino al 1937, quando i monaci cistercensi poterono riprendere possesso degli edifici ed iniziare una lunga opera di recupero e restauro che ha portato oggi l’Abbazia agli antichi splendori.
Castione Marchesi: qui si trovano due edifici che, seppur inizialmente distinti, hanno conosciuto periodi in cui i loro destini si sono incrociati. Il Monastero di Santa Maria Assunta fu posto sotto propria tutela da Papa Innocenzo I che, con bolla papale, sancì la sua totale autonomia dalla diocesi di Parma. Venne affidato ai monaci benedettini finché vennero cacciati dai Visconti, conquistatori del Castello nel 1325. Fu nel 1485 che, a seguito di lavori di restauro, i proprietari di allora Marchesi Pallavicino, concessero nuovamente gli edifici agli olivetani insieme al vicino Castello. Quest’ultimo fu trasformato in residenza dell’abate divenendo quindi l’Abbazia di Castione Marchesi. Le due costruzioni viaggiarono di pari passo fino al 1810, quando Napoleone abolì gli ordini religiosi. Il complesso del Monastero fu venduto a privati e il chiostro parzialmente smantellato al fine di utilizzarne i mattoni per costruire edifici residenziali. Solo nel 1955 la Chiesa ha potuto rientrarne in possesso.
Del Castello si hanno le prime testimonianze risalenti al 1033 anche se parte delle murature lascia intuire che l’origine si ben più antica. Conobbe vari proprietari che, nel corso degli anni, ne conquistarono il comando con la forza. Questo fino al 1485 quando venne annesso al Monastero divenendo Abbazia. Nel 1810 fu separato dal complesso monastico e trasformato in azienda agricola; dalla metà del XX sec. con la crisi delle aree rurali, venne abbandonato e lasciato progressivamente decadere allo stato di rudere.